APRITI AI NOSTRI BACI

studio sul concetto di muro - 2° studio

APRITI AI NOSTRI BACI

studio sul concetto di muro – 2° studio

 

premiere: 12 ottobre 2016 – Teatro Cristallo – Bolzano (IT) – INDANZA

 

“… è questo che mi sembra interessante nelle vite,
i buchi che comportano le lacune, talvolta drammatiche, talvolta no.
Le catalessi o quelle specie di sonnambulismo di più anni,
che la maggior parte delle vite possiedono.
Forse è in questi buchi che avviene il movimento.
La questione infatti è proprio quella di come produrre il movimento,
come forare il muro”.
Gilles Deleuze, Pourparlers

Il muro quello dove ci si appoggia per piangere, per cercare le crepe da riparare o da allargare, semplicemente per superarlo, per curiosare, per capire da che lato stare.

regia e coreografia: Francesca La Cava
drammaturgia: Guido Barbieri
musica originale e live electronics: Fabio Cifariello Ciardi

violoncello: Luca Franzetti

percussioni: Antonio Caggiano
video mapping: Salvatore Insana
scene e costumi: Chiara Defant
disegno luci: Carlo Oriani Ambrosini
interpreti e collaborazione: Sara Catellani, Andrea Di Matteo, Francesca La Cava, Manolo Perazzi e Valeria Russo
regia del suono: Angelo Benedetti
foto: Paolo Porto

produzione: GRUPPO E-MOTION con il contributo del MIBACT, della Regione Abruzzo e del Comune dell’Aquila 
residenze e coproduzione: Festival Oriente Occidente, CID Centro Internazionale della Danza di Rovereto (TN) e I Cantieri dell’Immaginario 
con il sostegno per le residenze di ACS Abruzzo Circuito Spettacolo

NOTE
La cornice. Il Novecento, secondo Christian Boltanski, è un muro. Un muro di ferro, immenso, sul quale si aprono centinaia di cassetti. Su ogni cassetto è stampato un numero e dentro ogni cassetto è nascosta una vita. O meglio le tracce di una vita: un certificato di nascita, una fotografia, un atto di proprietà, un documento di identità. Quel muro si intitola “Personnes”, cioè “persone”, ma anche “nessuno”. Il secolo nel quale sono nati i tre quarti dell’umanità è infatti diviso a metà da una contraddizione alta (per l’appunto) come un muro: da un lato è il secolo in cui l’individuo è la base ortogonale della società, in cui la persona, con il corredo dei suoi bisogni dei suoi desideri, occupa il vertice del sistema dei valori. Ma dall’altro è il secolo dei consumi di massa, della cultura di massa: l’insieme degli individui che compongono la comunità sociale è, paradossalmente, la misura di quegli stessi bisogni e di quegli stessi desideri. Per un verso la persona detta le leggi della convivenza collettiva, per l’altro si scioglie nel magma indifferenziato della folla. L’uomo massa diventa l’uomo atomo, la persona diventa nessuno, la convivenza solitudine.
Per questo, nella visione di Boltanski, il muro è il simbolo del Novecento: da una parte è duro, compatto, inscalfibile, è il muro delle moltitudini, ma dall’altra contiene le vite dei tanti nessuno che popolano la storia. E’ il muro dei moti contrari: il muro che esclude, ma che al tempo stesso protegge, che al di là spaventa e al di qua rassicura, il muro che difende i confini, ma che ricaccia indietro lo straniero. Una storia di inclusione/esclusione che nel tempo ha subito però metamorfosi profonde. Nelle società medievali, e fino al compimento del secolo romantico, il muro era un elemento plurale: erano le mura. E le mura – come ha intuito McLuhan – erano la pelle della città fortificata, l’estensione del corpo del guerriero che difende se stesso e la propria urbs. La città del Novecento, invece, non ha più bisogno di mura: è la città aperta, la città tridimensionale che si sviluppa in larghezza, in lunghezza e in altezza, che sfonda il perimetro angusto della propria pelle. Ma è solo un’apparenza. La necessità di includere e di proteggere, e sull’altro versante di escludere e di allontanare, ha solo spostato i confini, li ha dislocati nello spazio franco delle periferie. E alle mura si sostituiscono i muri, i segni concentrici e regolari si trasformano in segni lineari: nascono i muri che separano le città dai ghetti, i centri dai sobborghi, i territori occupati da quelli occupanti, le nazioni prospere da quelle in via di (perenne) sviluppo. Sono muri immateriali, ma invalicabili, come quelli che dividono Makarere III da Kampala, Kibera da Nairobi, Dahravi da Bombay (i più grandi slum del pianeta) oppure muri di mattoni (spesso valicati) come quelli che corrono tra il Messico e gli Stati Uniti, tra il Marocco e le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla, tra Israele e la Cisgiordania, tra l’Irlanda del nord e l’Irlanda del sud, tra India e Pakistan, tra Baghdad e Adhamyia, tra Via Anelli e il centro storico di Padova, tra la Turchia e la Bulgaria. La Wall World Map disegnata dalla Università del Quebec mostra come nel 1950 i muri costruiti nel mondo fossero soltanto tre, oggi sono più di cinquanta… In quest’ultimo mezzo secolo sono stati costruiti diecimila chilometri di muri, barriere, inferriate: un quarto della circonferenza del pianeta! Nei mattoni, nel cemento, ma anche nelle fessure, nelle crepe dei muri del mondo si vedono oggi, come in una carta geografica ad alta definizione, i simboli dei movimenti di massa che percorrono il Novecento, che ne fanno il secolo delle persone e al tempo stesso il secolo dei nessuno.

Il quadro. L’idea di “Apriti ai nostri baci”. Studio sul concetto di muro, nasce dalla necessità e dal desiderio di riflettere sul valore simbolico acquisito, tra il Novecento e il Duemila, da un elemento architettonico ed edilizio apparentemente insignificante e puramente funzionale come il muro. In realtà il muro ha iniziato ben presto, nella storia delle idee, ad assumere una precisa connotazione simbolica. Non a caso ha assunto una posizione di privilegio, nella mitologia classica, da quando Ovidio lo ha elevato a “protagonista silenzioso” del mito di Piramo e Tisbe. Ed è proprio alle parole di Ovidio che è ispirato, come si può facilmente intuire, il titolo del progetto. Molti secoli dopo, nel Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, il muro dei due amanti separati si trasforma nella sua deformazione parodistica, per indossare nuovamente la maschera tragica nei romanzi novecenteschi di Sartre, di Christa Wolf e di Agotha Kristof. In questi ultimi cinquanta anni abbiamo assistito però, al di fuori dei sentieri letterari, ad un incessante processo di simbolizzazione che ha fatto del “muro” un “Muro”, ossia una delle icone più significative e rappresentative della contemporaneità. Oggetto dello “studio” drammaturgico sul concetto di muro sono dunque alcuni muri reali, concreti tra i molti che sono nati, e che continuano a nascere, lungo i solchi più profondi del pianeta. Ad esempio il muro di sabbia che separa il Marocco dal Sahara Occidentale, il muro di Tijana, ossia la barriera di sicurezza che divide il Messico dagli Stati Uniti, la Peace Lines di Springmartin Road a Belfast, cioè la parete di cemento che divide la comunità cattolica da quella protestante, la barriera di dodici chilometri lungo il fiume Evros che separa la Grecia dalla Turchia, le inferriate costruite per separare Ceuta e Melilla dal territorio del Marocco e infine il muro di cemento che per 790 chilometri chiude in un cerchio quasi perfetto l’intero territorio della Cisgiordania.
La scena. Nessuno di essi verrà però rappresentato, messo in scena, esibito o documentato. Il muro che occuperà costantemente il palcoscenico sarà la somma e al tempo stesso la sottrazione di tutti i muri realmente esistenti. I “materiali di costruzione” del “muro di scena” saranno infatti costituiti dai corpi dei danzatori. Saranno loro a costruire e a de-costruire, ad alzare e ad abbattere le barriere che di volta in volta prenderanno forma. I muri della storia, quelli di Belfast o della Cisgiordania, saranno solamente “dipinti”, proiettati sui corpi “nudi” dei danzatori. Le figure umane saranno dunque al tempo stesso schermo e materiale, riflesso della realtà, ma anche superficie mobile, instabile, inquieta, in costante e perenne movimento. Le moltitudini di donne, di uomini e di bambini che sono stati divisi, in quest’ultimo mezzo secolo, dai muri del mondo diventeranno dunque, nello spazio della rappresentazione, parte, anzi essenza di quell’intollerabile, opprimente, ingiusto strumento di separazione.

trailer: Link Apriti ai nostri baci

 

RASSEGNA STAMPA:
Avvenire 16 ottobre 2016 – Michele Sciancalepore
http://80.241.231.25/Ucei/PDF/2016/2016-10-16/2016101634376563.pdf

Retroscena puntata del 25 gennaio 2017
https://www.youtube.com/watch?v=mhK0W1WPpcU&t=1668s

TG TV2000
https://www.youtube.com/watch?v=y4m9Zc2Heb8&sns=fb

e ancora:
https://www.radiox.it/programmi/extralive/artecreativita/apriti-ai-nostri-baci-francesca-la-cava-a-extralive/
https://www.ilcentro.it/cultura-e-spettacoli/la-cava-danzo-a-new-york-con-la-forza-che-mi-dà-questa-terra-1.1925517
https://www.cittanuova.it/dimitris-papaioannou-reggio-emilia/?ms=005&se=003
http://www.raibz.rai.it/it/index.php?media=Ttv1476367200
http://blogs.radiopopolare.it/cult/2016/10/10-settembre-cult-e-laltro-sguardo-delle-donne/
http://www.suedtirolerland.it/it/calendario/dettagli/apriti-ai-nostri-baci-/
http://altoadige.gelocal.it/tempo-libero/2016/10/12/news/con-apriti-ai-nostri-baci-il-900-diventa-un-muro-1.14241440
http://www.cultura.bz.it/index.php?root=cal&mode=event&evtID=66853
http://bolzano.virgilio.it/eventi/apriti-ai-nostri-baci-studio-sul-concetto-di-muro-stagione-teatrale-2016-2017-al-teatro-cristallo_1432973_6
http://www.pressreader.com/italy/corriere-del-trentino/20161012/281947427365345
http://www.kultur.bz.it/index.php?root=cal&mode=event&evtID=66853
http://www.quimedia.it/QuiBolzano/Articoli/Al-Cristallo-il-teatro-e-per-tutti
http://www.cittanuova.it/c/457494/In_scena.html
https://www.suedtirolnews.it/unterhaltung/kultur/e-motion-eroeffnet-tanzsaison-im-cristallo-theater
http://ilfoglioitaliano.com/index.php?option=com_k2&view=item&id=1209:stagione-indanza-a-bolzano&Itemid=294
http://www.danzaeffebi.com/chi-danza-dove/il-gruppo-e-motion-bolzano-con-apriti-ai-nostri-baci-di-francesca-la-cava-guido-barbieri-e-fabio-cifariello-ciardi/
http://www.weinstrasse.com/de/kalender/details/apriti-ai-nostri-baci-/
http://www.teatrionline.com/2016/10/apriti-ai-nostri-baci/
http://www.danceandculture.it/spettacoli/apriti-ai-nostri-baci-000955.php

Date

5 Gennaio 2020

Category

Creazioni, In Distribuzione

Tags
antonio caggiano, contemporary dance, fabio cifariello ciardi, francesca la cava, gruppo e-motion, guido barbieri, luca franzetti